Credo che dualità sia la parola che ha più accompagnato questa intervista con Voodoo Kid: il bene e il male, maschio e femmina neutralmente racchiusi nella parola Kid e testi che immortalano un malessere molto personale e la voglia sia di accoglierlo che di evaderlo. Amor, Requiem è stato sicuramente uno dei dischi italiani del 2020, quindi se non conoscete Voodoo Kid correte a rimediare. Ma prima leggete la nostra intervista:
Non è Per Te e Rasoi ci accompagnano da mesi in radio, tanto che, dopo aver ascoltato la prima mi sono chiesto: ma chi è Voodoo Kid? Chi è fautore di questo electro pop dal cuore dark e dall’anima fluida cantata in italiano, ma con una sensibilità estera? Questa nuova paladina LGBTQ+ Made in Italy?
Voodoo Kid è una delle tante personalità di Marianna Pluda, classe 1995, nata e cresciuta in un paesino vicino Brescia da cui scappa per andare a studiare musica a Londra, nella scuola dove si sono laureati Vivienne Westwood e Damein Hirst.
Insomma una che prima di metterci la faccia si è fatta il mazzo studiando e cercando di capire il mestiere che vuole fare da grande. Dopo alcune esperienze concluse con altre band, Marianna crea Voodoo Kid e lascia andare i suoi freni inibitori in un disco che suona electro, pop, rock, r&b ma che rimane comunque coeso, insomma un debutto che lascia presagire qualcosa di grande.
Ciao, come stai, dove sei?
Ciao! Sono a Milano e mi sono svegliata da poco perchè ho avuto una nottata insonne. Sto facendo colazione con una clementina.
Woodoo Kid non è il tuo primo approccio alla musica ma hai già un carico di esperienza. Ci fai un recap da quando hai iniziato a far musica ad oggi?
Ho cominciato a suonare la chitarra in terza media, solo dopo ho iniziato a cantare e ad accompagnare la mia voce col piano. Poi mi sono spostata da Gardone Val Trompia a Brescia, dove ho iniziato a far esperienza con una band insieme ad Andrea Gamba e ci chiamavamo DayKoda.
Ad un certo punto sono volata via, mi sono spostata a Londra per studiare la musica in più ambiti, come la filosofia della musica, la commercializzazione, cose centrate sull’argomento che andavano oltre il cantare o suonare uno strumento all’ Università di Westminster dove mi sono laureata in Commercial and popular music performance. Infine a 23 anni mi sono diplomata in Master of Music alla Goldsmiths University of London.
Una volta tornata ho iniziato a scrivere canzoni in italiano e ti dirò che per me è stata una sfida, anche perché non l’avevo mai fatto.
Prima di Voodoo Kid scrivevi solo in inglese. Cosa ti ha dato la confidenza per iniziare a scrivere in italiano? Spesso si tende a scrivere in un’altra lingua per non sentirsi troppo messi a nudo..
Hai ragione, cantare nella propria lingua non è mai semplice ma credo si tratti di maturità a livello personale, perchè non puoi più nasconderti dietro la barriera di una lingua per esprimere i tuoi pensieri. E poi spesso le lingue straniere suonano più cool della verità. Col tempo, a furia di scrivere, ho capito che è ancora più cool dire la verità attraverso la tua madrelingua.
Un pò come quando sei giovane e settoriale, che per darti un tono ascolti tantissimo musica straniera fuggendo da quella italiana.
Io ancora oggi faccio molta fatica a trovare album italiani che mi piacciono.
È stata la consapevolezza che hai acquisito a Londra a far nascere Woodokid?
Il mio quarto anno a Londra è stato terribile a livello personale, non avevo nessuno con cui parlare, non mi piaceva quello che facevo, non avevo contatti nemmeno per suonare. Ho avuto un forte momento di down e depressione finché non ho preso il Master e sono tornata in Italia dove ho iniziato a riallacciare i rapporti con le persone e questo malessere mi è un pò passato.
Penso che ciò che più mi abbia aiutato è stato riprendere a scrivere canzoni in un modo più professionale, poiché volevo far della musica il mio mestiere. Mettendo tutto il mio impegno sulla musica ho distolto il pensiero sulla depressione anche se ho ancora dei momenti di down, il primo lockdown per me è stato bruttissimo ma ora va meglio, anche perchè non so se sarei sopravvissuta ad un’altra crisi del genere.
Credo che questo tuo tormento interiore evince nei tuoi testi che spesso sono in contrapposizione con la musica, nel senso che si possono cantare e ballare ma se ci si sofferma sui testi prendono un’altra piega. È una metodologia di scrittura spontanea o di ricerca?
Forse sono io che non so scrivere canzoni felici, ahahahah. Io ci rido sopra ma credo che se dovessi scrivere una canzone solare verrebbe una merda perchè non saprei proprio come esprimermi oltre a non sapere cosa dire.
Sinceramente penso che questa sia una tua caratteristica più che una mancanza
Non sono mai riuscita a fare un solo genere ma diversi generi in un solo progetto e questa cosa la vivo come una nota di demerito.
Nel senso che non trovavi una tua identità ma hai un approccio schizofrenico alle cose?
Si, anche dal punto di vista dell’identità: ci sono giorni in cui esco in pigiama e mi sento elegantissima e altre in cui indosso un completo con tanto di cravatta e altri ancora in cui indosso felpa e jeans; tutto dipende dalla personalità che si sveglia prima quel giorno.
Ecco, questo aspetto si riflette sui generi della mia musica: un giorno mi sento triste, un giorno scrivo un beat come quello di Non è per te e un altro ancora voglio far canzoni colorate.
Sarà un bene o sarà un male, ma sono fatta così.
Parlando di personalità hai scelto come nome d’arte Woodokid, e kid è una parola che non ha genere perchè va bene sia per un uomo che per una donna. Possiamo definire la tua generazione fluida?
Penso che non si possa fare di tutta l’erba un fascio, perché purtroppo non tutti la pensano come me.
Io ho voluto utilizzare la parola kid perché prima di tutto mi sento così e secondo perchè non volevo fissare un genere: io sono kid e kid non è ne maschio né femmina, è come lo spiritello Puk di Sogno di una notte di mezza estate, però sento di avere più di una personalità e Woodokid è una di queste per questo nelle mie canzoni scrivo al maschile.
Dicendo questo mi hai preceduto, perchè stavo per chiederti del tuo modo di scrivere prendendo come esempio la canzone Ghiacciai in cui tu sei un ragazzo che parla ad una ragazza…
Sono contenta che hai citato Ghiacciai perchè è proprio una canzone che ho scritto col cuore.
In realtà la prima canzone che mi ha fatto puntare le orecchie sulla tua musica è Non è per te, che parla di scontri generazionali. Pensi che le persone adulte facciano fatica a comprendere i giovani? Perché altrimenti anche qua si rischia di fare di tutta un erba un fascio.
Come sempre tutto dipende da come sei stato cresciuto e dalla tua mentalità: se sei nato in una metropoli o in un paesino, ma soprattutto dipende da come sei fatto dentro, perché se sei curioso l’ambiente che ti circonda conta poco e sei libero di esplorare tutte quelle cose che non fanno parte del tuo vissuto e della tua cerchia culturale andando oltre.
Per me non è bello né giusto vedere le cose tutte bianche o tutte nere, ma del resto esistono cinquanta sfumature di grigio… Ahhahahha!
A tal proposito ti racconto un aneddoto: l’altro giorno mia madre mi ha raccontato di aver ricevuto un messaggio dalla mamma di un mio ex compagno d’asilo che le diceva di aver sentito una mia canzone alla radio e che sarebbe dovuta essere molto orgogliosa. Al che le rispondo: “sei orgogliosa anche se sono come sono?” E lei ha detto: “proprio perché sei come sei.” Da li è partita una lunga conversazione che ci ha portato a parlare di mia nonna, scomparsa dieci anni fa, in cui mia madre ha aggiunto: “comunque tua nonna sapeva tutto prima di tutti.” Questo smentisce il fatto che le generazioni più vecchie non comprendano quelle più giovani.
Amor, Requiem è un titolo che cita amore e morte: come convivono nel tuo disco?
Il titolo è formato da due parole divise da una virgola, come se una fosse la conseguenza dell’altra o parte della stessa. Non c’è uno slash, un punto e virgola o un punto. C’è solo una virgola il che vuol dire che è un concetto inclusivo. Questo è il mio concetto della vita.
Amor, Requiem per me è un titolo che esprime la voglia di rinascita poiché il disco costituisce un iter di nascita di crescita e infine di morte. Un pò come l’amore visto da una persona che sta vivendo una relazione e che poi, però, si innamora di un’altra e ognuno prende la sua strada.
In Requiem, che è l’ultimo pezzo del disco, siamo pronti a voltarci indietro e vedere tutto quello che ci è successo, con consapevolezza. Solo allora sarei pronta a ricominciare.
Mi piacciono gli artisti che si prendono cura a 360° del loro progetto che va dalle foto, alla cover, ai video: qual è visivamente il mondo di questo tuo primo album?
La prima cosa che mi viene in mente pensando al mio disco è una stanza vuota, semi buia e illuminata solo da due neon uno blu e uno viola da dove vedo che fuori piove e sento il rumore e l’odore della pioggia.
Adesso possiamo mandare la tua sceneggiatura a David Linch!
AHAHAHAHAH, però il mio pavimento non è bianco e nero, lo vedo di cemento. Ora che mi ci fai pensare in effetti fa un pò David Linch, ma nella mia testa è più Fight Club.
Sempre un David allora ma che di cognome fa Fincher, sei un amante delle luci fredde?
Si, anche per questo in uno dei miei video, Paranoia, ho usato proprio quel tipo di fotografia fredda dato dall’unione di luci rosse e verdi.
Però non è esattamente un posto non felice, il mio voler star da sola, nella mia voglia di solitudine ci vedo anche un posto sicuro dove la presenza di un’altra persona non è necessaria oppure questa persona se vuole può entrare ma deve accettare la mia stanza così com’è.
Se vuoi stare con Voodoo Kid devi accettarl* al 100%
Parliamo di musica non tua: chi c’era al primo posto nella classifica dei tuoi ascolti su Spotify nel 2020?
Ahahahahah… Il mio Spotify è condiviso con la mia famiglia quindi i miei ascolti sono compromessi. Questa cosa mi fa molto arrabbiare, continua a ridere, mi sono ripromessa che dal 2021 lo condividerò solo con la mia ragazza con cui condivido i miei gusti musicali e non con i miei genitori che lo usano solo per ascoltare Woodokid.
Ah quindi c’eri tu in cima alla classifica?…!
No, io ero al terzo posto. Al primo posto c’era TheWeeknd. Però proprio in questo momento sto guardando i miei ultimi ascolti che sono stati: Hans Zimmer, Justin Timberlake, un album delle Destiny’s Child e uno di Justin Bieber. Ah e ovviamente TheWeeknd che è una mia ispirazione massiva: amo il suo modo di scrivere e di comunicare le sue cose riuscendo ad essere così intimo ed esplicito allo stesso tempo. I suoni del suo ultimo disco mi fanno impazzire tanto che il mio pezzo Ghiacciai e quasi un remake di Escape from LA, che è anche il mio pezzo preferito dell’album.
Spero di poterti vedere presto live, come sarà un tuo concerto?
Inizialmente avrei voluto me alla chitarra accompagnata dalla mia band ovvero una tastiera e una batteria, ma ora come ora, essendo mega fan di Justin Bieber sto evolvendo la cosa coinvolgendo dei ballerini. È un mio sogno nel cassetto.
Cosa ti è mancato di più in questo 2020?
Il cinema, ci andavo una volta a settimana.
Voodoo Kid – Non è per te.